sabato 12 agosto 2017

La solitudine dei numeri zero



Ai Campionati mondiali di atletica leggera di Londra attualmente in corso stiamo assistendo alla ormai solita disfatta italiana in ogni settore.
Velocità, fondo, mezzofondo, lanci (del peso, del disco, del martello, del giavellotto), salti (in alto, in lungo, triplo, con l’asta), ostacoli, siepi, insomma tutto quanto fa atletica leggera, sia al maschile che al femminile, vedono i nostri agli ultimi posti o quasi.
Manca poco ormai alla conclusione (domani 13 agosto), ma sappiamo già che non sarà un happy end: non solo nessuna medaglia, ma nemmeno un onorevole piazzamento, del tipo passaggio alle finali (tranne Marco Lingua nel martello).
Tutta la nostra “meglio gioventù” è stata implacabilmente fatta fuori nelle fasi eliminatorie.
Un pianto greco.
Per consolarci un po’ (ma forse la cosa rattrista di più) bisogna tornare ai ricordi del passato, a Berruti, Mennea, Dorio, Simeoni, Di Martino…
Non c’era specialità, nella "regina degli sport", in cui qualche italiano e italiana non primeggiasse.
Non si può nemmeno accettare la scusa che ora stanno dominando gli atleti di colore. Abbiamo visto in questi campionati cadere il mito di Usain Bolt, mentre molti atleti “caucasici”, cioè bianchi, si son presi le loro belle rivincite, in ogni categoria. Norvegesi, cechi, ungheresi, francesi, polacchi, tedeschi, inglesi, olandesi, turchi… con medaglia d’oro al collo, maschi e femmine. E del resto anche noi abbiamo atleti "colored".
Rimarrà storica la sconfitta di Usain Bolt, addirittura terzo nei 100 metri piani, con un tempo da lumaca (9,95), lui che detiene il record della velocità a piedi (9, 58), battuto dall’uomo più fischiato dal pubblico (Gatlin).
Ma Bolt ha fatto la storia dell’atletica e il suo nome, come il suo record, rimarrà negli annali per decenni.
Saranno invece cancellati dalla memoria, anche a breve termine, quelli dei nostri atleti, che dopo le pietose prestazioni, davanti ai microfoni hanno piagnucolato scuse penose.
Gatlin ha vinto a 35 anni, altri anche in età superiore.
I nostri baldi giovani, di cui per pudore tralascio i nomi, invece di piagnucolare, si diano da fare seriamente o cambino mestiere. Non si può mantenere una banda di numeri zero per farci commiserare in mondovisione.
Il colmo dell’ironia è che molti vincitori di medaglie in questi campionati mondiali si allenano normalmente in Italia, nei nostri centri sportivi (Rieti, Formia, etc.).
Che dire? Becchi e bastonati.
O per dirla in altro modo: cornuti e mazziati.


Nella foto: la sconfitta di Usain Bolt, terzo nei 100 metri piani, dopo Justin Gatlin e Christian Coleman.



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