martedì 9 novembre 2010

Spagna, tra fede e laicità



In questi giorni la Spagna ha meritato l’attenzione dell’opinione pubblica per la visita del Papa a Santiago di Compostella e a Barcellona. Due luoghi ubicati agli estremi opposti della penisola iberica, e non solo in senso geografico.

Santiago è uno dei luoghi più significativi della cattolicità, meta di un pellegrinaggio tanto affascinante, quanto impegnativo. “El Camino de Compostela” è un’esperienza che lascia un segno indelebile nella vita  interiore di una persona, insieme a dolorose ma per fortuna transitorie “ampollas” (vesciche) ai piedi…

Barcellona è una città dove la secolarizzazione ha inciso fortemente, e appare oggi come uno dei luoghi in cui la fede è messa più a dura prova.
La metropoli catalana è meta soprattutto di un altro tipo di “pellegrinaggio”, quello del divertimento.

Alcuni giornali laicisti hanno scritto che la Spagna di Zapatero avrebbe accolto Papa Benedetto XVI a fischi e uova marce, o comunque nell’indifferenza generale.

È accaduto invece esattamente il contrario, come del resto due mesi fa in Inghilterra.
Poche (e francamente penose) le contestazioni a Barcellona, mentre una gran folla di popolo “caliente” ha manifestato l’affetto e la devozione al Santo Padre.

La Spagna ha nel profondo un’anima cattolica, forgiata nella lotta di resistenza contro popoli invasori; musulmani nel Medioevo, laicisti napoleonici agli inzi del 1800.
In epoca a noi più vicina, la guerra civile, qualunque giudizio uno ne voglia dare, ha messo ancora una volta in evidenza che la fede qui è profondamente radicata e qualunque governo, compreso quello del laicissimo Zapatero, non può non tenerne conto.
Lo ha ricordato chiaramente anche il Papa: fede e sana laicità devono incontrarsi, per il bene comune.

Ma la presenza di Benedetto XVI a Barcellona ha un valore aggiunto. Prima di questa visita, la Sagrada Familia di Gaudì era un immenso cantiere di un edificio sacro, bellissimo artisticamente, ma in definitiva poco più di un’attrazione turistica.

Oggi le sue guglie inconfondibili ricordano a tutti che, nel cuore della metropoli catalana, si erge una grande Basilica, consacrata a onore di Dio e per raccogliere in unità il suo popolo, che corre il rischio di perdere l’orientamento religioso e morale.

La Basilica della Sagrada Familia non è più solamente un’attrazione turistica, ma ora è diventata un fermo richiamo per tutti i catalani a riscoprire la bellezza della loro fede, quella che ha ispirato il genio di Antoni Gaudì.


La Catalogna è terra di artisti. Oltre a Gaudì, basterà ricordare Dalì e Mirò, e nella musica  Casals e Albéniz. Non posterò di quest'ultimo “Asturias” (Leyenda), perché troppo conosciuta.

Preferisco ricordare Enrique Granados (1867-1916), meno noto, ma non meno importante, con la seconda delle sue “12 Danzas Españolas” (1890).

È scritta per pianoforte, ma mi piace ascoltarla in questa bella trascrizione per chitarra.
Molto bravo il chitarrista, Denian Arcoleo.

5 commenti:

  1. ti chiedo un'opinione dull'atteggiamento da tenere in questo secolo in cui lo spazio e non è più un limite e quindi anche le diverse culture e religioni. Un cristiano deve continuare ad attenersi alla parola delle scritture e evangelizzare, o dobbiamo ascoltare anche gli altri come altrettante verità. NB che ad es. l'Islam significa sottomissione e propone la Jihad. Luca

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  2. Partiamo subito Antonio, la Basilica ci aspetta...

    Conto sulla tua partecipazione(Poesie in vetrina)

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  3. Carissimo Luca,

    l'argomento esigerebbe un post apposito, data la sua importanza e la sua attualità.

    Questi sono a mio parere i punti fondamentali.

    (Li divido in due commenti, perché il blog non lo accetta tutto insieme, a causa della lunghezza).

    1. Il cristiano non può non essere testimone della Risurrezione di Cristo, quindi non può non portare il lieto annuncio del Vangelo a tutti e dovunque. Gesù infatti dice agli Apostoli: "Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo a ogni creatura" (Mc 16, 15). "Guai a me se non evangelizzassi" dice S. Paolo ai Corinti (1 Cor 9, 16).
    È l'essenza del cristianesimo l'annuncio, perché significa parola di salvezza, verità di Dio sull'uomo e sul mondo.

    2. Questo annuncio deve essere fatto con il rispetto della libertà altrui, perché la libertà di coscienza è il primo dono di Dio dopo la vita. Gesù più volte ripete queste parole: "Se qualcuno vuol venire dietro a me..." L'Apostolo S. Pietro dice: "Siate sempre pronti a rendere ragione della speranza che è in voi. Tuttavia questo sia
    fatto con dolcezza e rispetto, con una retta coscienza" (1 Pt 3, 15-16).
    Tutto ciò si può riassumere con il detto patristico: "Fides suadenda est, non imponenda" (la fede deve essere persuasiva, non imposta).

    3. E allora, quando si incontrano quelli che non permettono di annunciare, che perseguitano, che fanno addirittura guerra alla Chiesa?
    Caro Luca, il messaggio cristiano è un messaggio che va incarnato nella storia, e perciò nelle varie situazioni. Di fronte ai persecutori si deve resistere con coraggio, opporsi con i mezzi leciti della legge, facendo appello alla dignità dell'uomo, alla sua libertà e così via. Se ciò non basta uno può fuggire, nascondersi, aspettare tempi migliori là dove viene accolto (lo consiglia anche il Vangelo: "Se vi perseguiteranno, fuggite...". Ma per quelli a cui Dio ha dato un dono particolare che è la forza di sostenere il martirio, c'è anche il martirio, come prova suprema della fede e dell'amore a Cristo e all'uomo. Il martire è il più somigliante a Cristo e ha il primo posto nella Chiesa.
    Nei primi secoli la Chiesa subì il martirio in centinaia di migliaia di persone.

    (continua)

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  4. 4. Ma i cristiani hanno fatto anche crociate, guerre di religione, hanno imposto la fede anche con la forza in certi momenti storici (ad esempio nelle colonie). Perché?
    Diciamo subito che oggi questo modo di fare non è accettabile, perché si è capito con chiarezza che contrasta con il punto fondamentale che abbiamo detto: "Fides suadenda, non imponenda".
    Non è possibile fare guerre armate in nome di Dio e della fede.

    5. Si deve però dire che in passato le crociate, ad esempio, sono state provocate da un'aggressività armata dell'Islam e dei Turchi che minacciava la cristianità tutta intera.
    E siccome nella Scrittura c'è chiaramente espresso il diritto alla legittima difesa, sia privata che pubblica, cioè alla difesa della giustizia e del diritto ("se fai il male, allora temi, perché non invano l'autorità porta la spada" S. Paolo ai Romani, cap. 13, 4), i cristiani dopo aver sopportato per secoli le invasioni islamiche e la perdita di intere nazioni, alla fine si sono ribellati e hanno opposto resistenza armata, in famose battaglie (Poitiers, 732; Lepanto, 1571; Vienna, 1683, etc.)
    Una resistenza legittima. Non sarà il massimo della fede, ma certo c'era la ricerca della giustizia.

    Oggi che cosa si deve fare. Questi metodi si è capito che non sono i migliori. Ma al tempo stesso non si può accettare che i cristiani siano trattati come pecore da macello nei paesi islamici, oppure che sia loro impedito quasi del tutto la professione della fede.

    Si deve perciò fare appello a quello che tu dicevi: alla comunità internazione, con i suoi organismi, con le sue organizzazioni, con i suoi controlli, la sua voce autorevole, le diplomazie, i mass media, gesti di condanna, l'informazione puntuale, e altri mezzi pacifici ma stringenti.

    Ormai si è capito che la violenza non risolve i problemi, ma li aggrava. Anche se usata per difesa, diventa alla fine pericolosa per tutti e porta odio.

    Il mondo deve capire che il messaggio di pace di Gesù non è solo per i cristiani, ma per tutti, anche per i musulmani.

    Ancora sembra che non l'abbiano capito, ma io sono convinto che piano piano penetrerà anche nella loro cultura.

    L'incontro tra culture è un fatto che dovrebbe arricchire tutti. È chiaro che io, come cristiano, considero la mia fede come la verità assoluta; il musulmano penserà così della sua. Ma la verità si riconosce dai frutti che porta. Se la culura islamica produce violenza, costrizione religiosa, sotttomissione umiliante della donna, intolleranza, e così via, io non seguirò certo quella religione, e sarò sempre più convinto che solo nelle parole di Cristo c'è pienezza di verità, che fa della coscienza della persona il punto fondamentale anche della fede.
    Ognuno sarà giudicato secondo la sua retta coscienza, non secondo i nostri schemi.
    Ma sta alle persone di retta coscienza far capire dove uno sbaglia o fa bene.

    Sulla lotta che il mondo laicista occidentale sta portandoi ai valori cristiani, che non è una cosa di poco conto, torneremo un'altra volta.

    Ciao! Grazie del tuo stimolante intervento.

    Antonio

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  5. Carissima Stella,

    come avrai visto, ti ho inviato la poesia natalizia, che posterò anche qui :-)

    Un abbraccio :-))

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