mercoledì 24 giugno 2009

"Il mio bel San Giovanni" (Dante)















Oggi è la festa di S. Giovanni Battista.

Il santo patrono di una città non è solo una festività religiosa, ma un avvenimento di grande rilievo civile.

Il patrono infatti rappresenta l’identità stessa di una comunità, la sua memoria storica, i suoi valori fondanti. Nel santo la città vede il protettore e il modello da seguire.

S. Giovanni è colui che annuncia Cristo presente nel mondo e che lo indica a dito: “Ecco colui che toglie il peccato del mondo” (Gv 1, 29).

Giovanni è il Battista, colui che ha battezzato Gesù nel fiume Giordano.

E colui che ha proclamato la scomoda verità anche davanti al potente di turno, Erode Antipa, e ha suggellato con il proprio sangue i suoi insegnamenti.

Tra i luoghi che hanno S. Giovanni Battista come patrono spicca Firenze, la città di Dante, che più volte ricorda il Santo e il Battistero che ne porta il nome.

“Non mi parean né ampi né maggiori
che que’ che son nel mio bel S. Giovanni,
fatti per luogo di battezzatori”. (Inferno, XIX, 16-18)

I fiorentini vollero imprimere nella loro celebre moneta d’oro, il fiorino, da un lato il giglio e dall’altra l’immagine del Battista. Lo ricorda ancora Dante, quando colloca nel profondo dell’Inferno Maestro Adamo, che osò falsare il fiorino, “la lega suggellata del Battista” (Inf. XXX, 74).

Il “bel S. Giovanni”, che Dante ricorda con tanta nostalgia nel suo esilio, gli ispirò certamente la Divina Commedia. Nella volta del Battistero di S. Giovanni infatti campeggia il mosaico del Giudizio Universale, imponente opera musiva di Coppo di Marcovaldo (1270 circa).
Impressionante è la figura di Satana, mostro con tre teste, con le quali sta divorando tre dannati.

Nella Divina Commedia in effetti Satana è immaginato come un mostro con tre teste che sta divorando i tre traditori Giuda, Bruto e Cassio.

S. Giovanni non vuole inganni, o alla toscana “San Giovanni ‘un vòle inganni”.

Falsari e traditori sono messi da Dante nel profondo dell’inferno e nelle fauci di Lucifero.

Il poeta fiorentino aveva imparato la lezione del suo santo patrono: la verità, prima di tutto, nelle parole e nelle opere.

Una lezione cara a tutti i toscani.


Foto in alto: Il Battistero di S. Giovanni a Firenze (XII-XIII sec.).

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