mercoledì 13 maggio 2009

Racconto surreale: Cecchino e Gentiluomo





Si tratta di un racconto di fantasia.
Ogni riferimento a fatti o persone è puramente casuale.






Mi hanno sempre insegnato, fin dalle scuole elementari, che l’Impero asburgico ebbe termine con la prima guerra mondale, la grande guerra del 15-18.

Ero perciò convinto che l’esercito austro-ungarico fosse stato ricacciato oltre i sacri confini della patria, il Brennero e il Tarvisio, e di Kaiser Franz Joseph fosse rimasto solo un misero nomignolo: Cecco Beppe.

Ma, come si sa, il web è pieno di sorprese e vi si fanno gli incontri più impensati.

Così ho scoperto che in una delle abbandonate e ormai seminascoste trincee del Carso c’è ancora un cecchino; sì, un soldato scelto dell’esercito di Cecco (Beppe), dalla mira infallibile e dalla fede incrollabile nel biondo imperatore e nella bella e sfortunata imperatrice Sissi.

Per la verità il nostro cecchino si è misteriosamente aggiornato, nel frattempo. Invece del moschetto e della mitraglia egli usa ora un sofisticato armamentario informatico e spara dal suo sito fortificato una serie virtuale di colpi a raffica in direzione Italia.

La mattina, quando è più riposato, usa i suoi post come strumenti di seduzione, e dialoga soprattutto con le femmine. I suoi lanci a lunga gittata arrivano anche in terra ciociara e passano il Tirreno fino alla Sardegna.

Il giorno, prima dei pasti, diventa più aggressivo e spara ad alzo Vaticano; ma si accontenta anche di altri edifici religiosi, meno protetti e più facili da colpire, specie se hanno campanili svettanti.

La sera si fa misterioso, come si conviene al buio del cielo e della trincea, e passa in rassegna i casi irrisolti della storia umana. Praticamente, il pozzo di S. Patrizio...

La notte, prima di andare a dormire, ritorna galante gentiluomo e intrattiene le signore con walzer viennesi, o in alternativa (quando la moglie argentina lo bacchetta sulle dita) in danze latino-americane.

Un vero gentiluomo; anzi, un cavaliere. Dicono infatti di averlo visto talvolta uscire dalla sua trincea con il cavallo di Napoleone e fare una girata di perlustrazione in terra furlana; da non confondere con quella di Monfalcone…

Non basta, cari miei, dire “Mandi” per essere furlans. Bisogna essere nati nei "paesini" sopra Udine.

E il nostro cecchino-gentiluomo lo nacque.

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