lunedì 23 marzo 2009

Una rivoluzione musicale. Domenico Scarlatti



Il 1685 è stato un’annata doc per la musica. Sono nati in quell’anno J. S. Bach, Haendel e Domenico Scarlatti.

Bach ed Haendel non hanno bisogno di presentazione. Domenico Scarlatti forse sì.
È certamente meno noto degli altri due, ma anche lui ha lasciato un’impronta indelebile del suo genio musicale.

Il suo nome è legato in particolare al clavicembalo, lo strumento a tastiera antesignano del pianoforte.

Con Domenico Scarlatti (Napoli, 1685 - Madrid, 1757) questo strumento salottiero e quasi frivolo comincia ad occupare la scena musicale da protagonista, per due motivi.

Anzitutto Scarlatti dedicò al "gravicembalo" ben 556 sonate, fornendo così ai clavicembalisti un’antologia praticamente sterminata.

In secondo luogo, ma qui sta l’importanza della “rivoluzione” scarlattiana, le sue sonate (“essercizi”) introducono novità assolute sia nella composizione che nella tecnica esecutiva.

Lasciano davvero stupefatti la freschezza di ispirazione, la genialità inventiva, l’infinita varietà tematica.
Si vedono per la prima volta l’incrocio delle mani, l’uso degli arpeggi, le dita che spaziano su tutta la tastiera; e ritmi ossessivi.

Mentre Bach compone il Clavicembalo ben temperato su una impostazione genialmente “tradizionale”, Domenico Scarlatti fornisce a questo strumento una dimensione anticipatrice di quel virtuosismo tipico dell’epoca romantica e contemporanea.

La Sonata K 141, eseguita magistralmente da Martha Argerich, ci dà l’idea dell’opera rivoluzionaria di Domenico Scarlatti nel 1738.

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