domenica 1 giugno 2008

Esistenza di Dio: un atto di ragione



Molti pensano che credere in Dio sia un atto di pura fede. L’esistenza di Dio invece è prima di tutto una scoperta della ragione. Non a caso all’esistenza di Dio sono giunti molti filosofi avanti Cristo, come Socrate, Platone, Aristotele…

Non si tratta infatti di spiegare Dio, ma di spiegare il mondo. È il mondo, così come ci appare, che ha bisogno di una spiegazione esauriente.
Oggi quelli che negano Dio pensano che per spiegare l’origine del mondo sia sufficiente affermare che il mondo è eterno. Si retrocede indietro, fino all’infinito, nella catena delle cause e così si pensa di aver eliminato la figura di un creatore iniziale.
Ma per negare Dio non è sufficiente retrocedere all’infinito nella catena del divenire.
Infatti il problema è che questo mondo in perenne divenire viene da altro precedente. Anche se lo porti indietro all'infinito, ha sempre (ripeto, sempre) bisogno di altro precedente e quindi non ha in sé la spiegazione del suo essere, perché la rimanda sempre indietro, e quindi non la risolve mai.

Ma siccome il mondo esiste e nella sua catena di esseri è giunto fino a noi, per poterla giustificare occorre uscire da questa catena.
Occorre ammettere un essere trascendente, assoluto, cioè fuori del divenire; altrimenti anch’egli avrebbe bisogno di un altro prima di lui. Occorre dunque un essere eternamente presente, che ha dato esistenza a questo mondo in divenire.
Dio è un’esigenza razionale per spiegare appieno questo mondo in evoluzione, che se non ha una causa iniziale fuori di lui è incomprensibile. Senza l’Assoluto il mondo non ha spiegazione. Gli scienziati possono fornire delle ipotesi di come il mondo si sviluppa, di come si evolve; ma riguardo a chi lo ha mosso, chi lo ha posto, la ragione umana sente la necessità di ammettere l’esistenza di un essere che non sia in divenire (cioè: ieri, oggi, domani, per intendersi), ma un eterno presente, cioè Dio.
Solo così, da un principio assoluto, eternamente presente, il mondo può avere la sua origine, quindici miliardi di anni fa (secondo la teoria del big bang) o anche da sempre, perché Dio è da sempre, anzi, Dio è.



Foto in alto: "De revolutionibus orbium coelestium" (1543), pagina autografa di Nicolò Copernico (Università Jagellonica di Cracovia)

7 commenti:

  1. Condvido il tuo ragionamento, ma per par condicio provo a fare il guastafeste: hai qui esposto una delle "5 vie" di San Tommaso, che oltretutto si era ispirato ad Aristotele, ma San Tommaso non afferma che "ciò è Dio", bensi "questo noi lo chiamiamo/intendiamo Dio"; si era accorto a mio avviso che il ragionamento era corretto e vero, ma ciò non bastava a fornirgli argomenti per sostenere incontrovertibilmente che tale "primo motore immobile" fosse Dio. Lo stesso dicasi per le altre 4 rimanenti vie, utilissimi strumenti razionali ma non risolutivi come catechesi.

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  2. Anzitutto, mi fa piacere che tu condivida il ragionamento, il quale è ispirato in effetti alle prime tre vie di S. Tommaso: dal moto al motore immobile, dalle cause alla causa incausata, dall'essere contingente all'assoluto.

    È però una rivisitazione alla luce delle obiezioni moderne.
    Alcuni atei, anche ben noti (ad es. Dawkins, Odifreddi, Hack), pensano che l'infinità del mondo o la sua eventuale eternità sia una prova contro l'esistenza di Dio. Due eterni, due infiniti (Dio e mondo) sono identici, per cui uno è superfluo (Dio, ovviamente). È il cosiddetto 'rasoio di Ockham', per il quale non si devono moltiplicare gli esseri senza necessità.
    Questi tali, e chi come loro, non conoscono bene la filosofia antica, medievale e moderna, e meno ancora Ockham, che era un credente in Dio e frate francescano.
    Anche gli antichi, i medievali e i moderni (come Cartesio e Newton ad esempio)ipotizzavano un mondo eterno; anzi, per gli antichi lo era senz'altro. Pur in questa ipotesi, esigevano l'esistenza di Dio. Si tratta infatti di due eternità del tutto diverse (ammesso che il mondo sia eterno). L'eternità di Dio è il possesso simultaneo e totale dell'essere nel presente (secondo la definizione di Boezio), quello che io ho chiamato 'eterno presente': Dio è (non era, è e sarà), assoluto, trascendente il mondo che invece è in perenne divenire, cioè deriva sempre da cause precedenti, per cui 'bisogna fermarsi'(anànke stènai) come dice Aristotele, se lo vogliamo spiegare.

    Non due eternità identiche dunque, Dio e il mondo. Ma quella di Dio è nella totale perfezione dell'essere presente, immutabile e completa (che è la vera eternità); quella eventuale del mondo, nella infinita catena di movimento che ha però ovviamente bisogno di un inizio, anche ab aeterno (se Dio avesse voluto così), senza il quale non partirebbe nulla.

    Questo post non ha intenzioni di catechesi, ma di semplice riflessione razionale: Dio è prima di tutto un'esigenza razionale.
    Chi dice il contrario deve dimostrare in altro modo come ha fatto a giungere fino a noi un mondo in divenire, senza una causa iniziale.

    Sul 'cioè Dio' non ho capito bene.
    Ho qui davanti la Summa Theologica, alle celebri 5 vie (I, q. 2, a. 3).
    La prima: et hoc omnes intelligunt Deum. La seconda: quam omnes Deum nominant. La terza: quod omnes dicunt Deum. La quarta: et hoc dicimus Deum. La quinta: et hoc dicimus Deum.
    Nel linguaggio asciutto della schola Tommaso dice che quello che ha dimostrato essere motore immobile, causa incausata, essere necessario, etc. "tutti chiamano Dio", "e questo chiamiamo Dio".
    Non ci noto nessuna presa di distanza. Anzi, una 'professorale'(scusa l'aggettivo) soddisfazione di una bella dimostrazione.
    Ciao!

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  3. tefopGiusto Amicus, ho sbagliato ad esprimermi io: naturalmente per San Tommaso tali "vie" erano risolutive sull'esistenza di Dio, ma oggi se uno afferma "tutti chiamano ciò Dio" non risulta più pregnante come lo era per San T.: al giorno d'oggi alcuni la bollerebbero come opinione, senza andare a scavare le motivazioni ed i ragionamenti che hanno portato San T. a tali coclusioni: parlo per esperienza personale, il mio e-prof di Storia della Filosofia Medivale commentò proprio così le 5 vie tommasiane dicendoci che oramai bisognerebbe distinguere anche nei medievali la fede dalla ragione (!!!, aggiungo io!).

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  4. Scusa! Paole in libertà all'inizio del 1 rigo!

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  5. Lo so per esperienza che la filosofia medievale, specie nei suoi grandi pensatori, è poco conosciuta, anche a livello universitario, perché è impegnativa studiarla (e chi ne parla, spesso cita solo alcune frasi poco felici, che anche i più grandi pensatori ovviamente possono scrivere, in quanto figli del loro tempo).
    Io ho avuto la fortuna di laurearmi con lode con il prof. Eugenio Garin, con una tesi sui rapporti tra il pensiero di Tommaso e quello di Agostino, leggendomi in latino una discreta parte della loro monumentale opera. Il prof. Garin quando spiegava i greci, leggeva in greco, quando spiegava i latini leggeva in latino... Erano pochi quelli che si laureavano con lui... Aveva un sommo rispetto per la 'ratio' di Tommaso (non so chi è il tuo ex prof, e non lo voglio sapere... ;-) ). Una volta ha 'buttato fuori' alla prima domanda una studentessa perché non sapeva la distinzione tra metafisica e teologia. Disse queste parole (me le ricordo bene!): "Se nel 1300 a Parigi, a Oxford, a Bologna e in qualunque università europea le avessero fatto questa domanda e lei non avesse saputo rispondere, l'avrebbero buttata fuori. E vuole che oggi qui a Firenze io non faccia altrettanto?" E le riconsegnò il libretto.

    La formula conclusiva che ricordi è una frase tipica del tempo. Oggi ovviamente si userebbe un'espressione più diretta, più assertoria.
    Ciao!

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  6. Menomale che almeno tes ei stato fortunato da quel punto di vista,io e altri come e abbiamo dovuto cercare un bel po' un professore che spiegasse filosofia medievale in maniera perlomeno decente... Personalmente ritengo omunque che il miglior modo per insegnare tale materia siano necessarie la laurea in filosofia ma anche in teologia.
    PS: scusa se sono indiscreto, ma la tua amica con che coraggio si è presentata ad un esame di filosofia medievale se non sapeva la diferenza tra quei concetti fondamentali? Sfido che il prof. l'abbia cacciata, è il minimo in questi casi! (essendo io maligno, l'avrei prima però torturata un poco con domande "impossibili", così, per cattiveria... hi hi! hi!)

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  7. Ecco perché sei il Serpente Piumato... ;-)

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