domenica 30 marzo 2008

La scuola e il metodo di studio







“Il ragazzo/a non ha un metodo di studio!”. È una frase che i genitori si sentono ripetere spesso ai colloqui con gli insegnanti. Alcune volte però forse neppure gli insegnanti sanno indicare qual è il miglior metodo di studio. In realtà con questa frase spesso si vuol dire che il ragazzo non studia a sufficienza… Eppure è vero che un buon metodo di studio è fondamentale, e acquisirlo porta a raggiungere migliori risultati e a semplificare il lavoro.

C’è tutta una parte della psicologia che si dedica all’apprendimento: imparare ad imparare! I metodi e i 'trucchi' per apprendere sono molti. Basterà citare il caso dei numeri telefonici: dirli (o ricordarli) cifra per cifra è un’impresa eroica, dividerli in gruppi coerenti di cifre facilita sia l’apprendimento che la memoria.

* Anzitutto valorizzare la memoria. Platone diceva: 'conoscere significa ricordare'. La memoria nel periodo scolare è formidabile: quindi deve essere usata. È uno strumento fondamentale quanto il ragionamento. Non date retta a chi dice: studiare a memoria non serve. Errore clamoroso!… Vedi la scuola italiana di oggi…
* Leggere una prima volta il capitolo o l’argomento da studiare, per cercare di capirne il senso generale. Farsi cioè l’idea di che cosa si ha davanti, e riassumerlo con poche parole (o mentalmente o a voce). Questo serve per orientarsi sulla questione e per coglierne subito gli aspetti più significativi.
* Ripetere poi la lettura, dividendo l’argomento in parti (tre o quattro parti, oppure una pagina per volta), ma ogni parte con significato concluso. La mente trattiene solo le cose che hanno una logica interna e dimentica le altre. Quante volte leggere? Fino a quando ogni parte non è stata compresa (una volta non basta!)
* A questo punto, fare uno schema mentale, o scritto, delle cose apprese. Tre o quattro punti essenziali, quanto le parti studiate, (brevissimi riassunti, di pochi periodi), collegati tra di loro, di modo che, detto il primo, ne consegua il secondo, quindi il terzo…
* Annotare (evidenziare, sottolineare) le parole-chiave, cioè le parole più importanti dell’argomento, e imprimerle bene nella mente (o segnarle; ma non segnare tutto il libro!). Sono le boe per non perdersi quando si viene interrogati. In queste parole-chiave, se la materia è storia, ci devono essere i nomi dei personaggi e le date più importanti.
* A questo punto si ripete (mentalmente o a voce) l’argomento così strutturato. Verrà fuori un breve ragionamento articolato, che però è l’ossatura di tutto il discorso che verrà fatto quando si è interrogati.
Tenere fermo questo schema, specialmente nei passaggi tra un punto e l’altro; provare poi eventualmente a farci qualche riflessione personale, e/o aggiungere particolari, che sicuramente la memoria del giovane sentirà affiorare durante l’esposizione. Importante lo schema strutturato logicamente: una cosa dopo l’altra e concatenata. Gli antichi diceva: "Rem tene, verba sequentur": se possiedi l’argomento, le parole verranno da sé.

Due annotazioni psicologiche importanti.

* Siccome si dimentica nello stesso modo in cui si apprende, se uno apprende ‘lentamente’, cioè studiando un po’ per volta e tutti i giorni, dimenticherà lentamente. Se si apprende rapidamente (tipica la sgroppata in vista dell’interrogazione!), si dimenticherà rapidamente.
Quindi meglio studiare un poco tutti i giorni, che tutto in pochi giorni!

* Tra lo studio di un argomento e l’altro, o tra una materia e l’altra, occorre fare una breve pausa; è bene distrarsi un po’ (cinque o dieci minuti). In questo modo si dà il tempo alla memoria a breve termine di consolidarsi, e si evitano le interferenze retroattive.
Le interferenze retroattive cancellano, con lo studio dei nuovi argomenti, quelli passati; se la memoria non si è consolidata, i nuovi argomenti interferiscono negativamente all’indietro, cancellando quelli che sono stati appresi poco prima.



Tutto quello che abbiamo detto non vale ovviamente per studenti come Pico della Mirandola, che quando aveva letto un libro lo ripeteva a memoria; o come Pascal, che, partendo dai primi postulati di Euclide, senza bisogno di maestri, scrisse a 16 anni un trattato sulle sezioni coniche; o Mozart, che all’età di 14 anni, udito due volte a Roma nella Cappella Sistina il Miserere a nove voci di Gregorio Allegri, ne trascrisse a memoria interamente la partitura.



Foto in alto: "Pueri cantores" (Cantoria S. Maria del Fiore, 1431-38), Luca della Robbia (Museo dell'Opera del Duomo di Firenze)

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